Perché riteniamo di aver adottato una Blu Ocean Strategy
Credo di non raccontare niente di nuovo a chi ha un minimo background economico o è un semplice appassionato di strategia di impresa, se mi allaccio alla Blu Ocean Strategy, riferendomi a quanto pubblicato nel 2005 da W.Chan Kim e Renèe Mauborgne, professori e co-direttori dell’INSEAD, per descrivere alcune scelte strategiche che abbiamo adottato ormai da qualche tempo, ma che con le nostre recenti mosse stanno raggiungendo la fase culminante.
I due autori hanno lavorato all’analisi dei caratteri comuni ritrovati in un campione di circa centocinquanta aziende, che per periodi più o meno lunghi e in circostanze diverse, hanno operato in settori di mercato senza concorrenza, concludendo con un’analisi causale del livello di performance, che ci indica che a dar vita ad una “Blu Ocean Strategy” sia una mossa strategica legata alla creazione di prodotti e servizi che portano l’azienda ad operare in un mercato nuovo.
Da qui la differenza dai cosiddetti “Red Ocean” nei quali navigano la maggior parte delle aziende, quelli dai confini definiti e riconosciuti da tutti, quelli popolati da un’elevata numerosità di concorrenti che cercano di migliorare la loro performance erodendo quote di mercato agli altri.
Credo di conoscere bene ciò di cui si tratta, avendo vissuto attivamente ed in ruoli diversi nel settore della Land Surveying Industry per oltre trent’anni; un tipico “red ocean” con qualche aggravante. Quando ho iniziato ad occuparmi di questo mercato di nicchia erano in lizza sette concorrenti (allora i marchi non si moltiplicavano come i pani ed i pesci) ed ogniuno portava con sé caratteri differenzianti. Era normale operare in un contesto fortemente concorrenziale visto che il numero dei player era comunque elevato rispetto alla dimensione del mercato, ma non si assisteva ad un sovradimensionamento dell’offerta come quello attuale.
Oggi che per effetto dell’ingresso sul mercato di nuovi player asiatici e della strategia “multi-brend” delle aziende leader tradizionali, che cercano di difendere ed occupare anche i segmenti di mercato che diventerebbero appannaggio di nuovi concorrenti “low cost”, l’offerta di prodotti simili (spesso differenziati solo per colore e da dettagli minimi) è aumentata esponenzialmente.
L’aumento di un’offerta sempre maggiore ed uniformata vede sempre più attori competere nelle acque dei “Red Ocean” della Surveying Industry, cercando di occupare una quota più elevata di una domanda preesitente, prendendo i concorrenti come benchmark e cercando di prevaricare su di essi.
Operare una “Blue Ocean Strategy” significa invece creare un nuovo spazio di mercato nel quale non vi è concorrenza, godendo dei vantaggi tipici del “first mover” e della conquista di vantaggi competitivi non facili da raggiungere dagli altri attori in campo, aumentando la redditività di lungo termine.
Naturalmente tutto ciò comporta sforzi comunicativi ed economici che non tutte le aziende sono in grado di sostenere e comporta anche dei rischi, se il prodotto o il servizio non vengono recepiti ed accettati dal mercato o se le aspettative create nei clienti non vengono soddisfatte.
Si tratta però di un approccio e di un rischio che mi sento di affrontare più volentieri e con maggiore naturalezza, rispetto al navigare in acque già troppo popolate dove sono i prezzi a determinare una delle principali discriminanti con cui influenzare le scelte degli utilizzatori.
Sono particolarmente soddisfatto delle scelte innovative che ho intrapreso nel 2018, espandendo il settore di operatività della mia azienda dal Land Surveying tradizionale, con l’introduzione di quella che considero la “flagship” dei droni ad ala fissa, l’unico in grado di volare 90’ con standard di qualità e sicurezza ancora oggi ineguagliati e l’unico ad oggi ad avere ottenuto marcature e certificazioni, che gli consentono di volare praticamente in ogni scenario, in cui il valore creato dalla mappatura ed il rilievo è estremamente elevato. E’ grazie a questa strategia che ho progressivamente iniziato ad evadere da un mercato concorrenziato ad uno in cui sono praticamente un player esclusivo a livello nazionale.
Lo stesso grado di soddisfazione mi deriva da ciò che sono riuscito a sviluppare quattro anni più tardi nel settore dei LiDAR da drone introducendo YellowScan in Italia, nel segmento di mercato che sono solito definire “geomatics-grade”, in cui precisione ed accuratezza sono le discriminanti per l’ottenimento di dati esatti ed affidabili, garantiti da sistemi sofisticati che possono essere portati sul mercato solo da organizzazioni capaci di fornire adeguato supporto di formazione ed assistenza. Anche su questo mercato la cerchia dei competitor si restringe moltissimo.
Ma il prodotto (in realtà si tratta di una soluzione completa) che più di ogni altro mi ha convinto di avere intrapreso insieme a YellowScan una strategia Blu Ocean è sicuramente rappresentato dal Navigator, il nuovo LiDAR batimetrico rilasciato all’inizio di quest’anno.
YellowScan ha creato con Navigator un mercato fino a quel momento inesistente, quello del rilievo batimetrico da drone, in grado di offrire una soluzione tecnologica unica, in ambiti lasciati scoperti dalla batimetria tradizionale effettuata da battello o da elicottero ed aeroplano ultraleggero equipaggiati di LiDAR.
Navigator rappresenta un autentico “breakthrough” per YellowScan che ha sviluppato e realizzato interamente in casa il prodotto, basato su un progetto che era in “pipeline” da cinque anni e che le ha permesso di acquisire un vantaggio competitivo enorme rispetto a tutti i produttori ed integratori di sistemi LiDAR del mondo.
Il valore della soluzione è molto alto per i clienti e per tutti gli altri stakeholder di YellowScan, consolidando partnership esistenti e creandone di nuove, portando utilità senza precedenti al mondo della ricerca e delle professioni, operanti nei settori del rilievo costiero esteso alle aree subacquee, nei rilievi fluviali finalizzati al monitoraggio dei rischi di alluvione, della morfodinamica, dei picchi idraulici e del monitoraggio degli habitat.
Pur avendo intuito da subito il valore della soluzione, devo confessare di aver inizialmente un po’ sottovalutato la dimensione del mercato potenziale di YellowScan Navigator, che come riportavo pocanzi, rappresenta invece la mossa strategica che ci vede sempre più attori di una “Blu Ocean Strategy”.
Ammetto che la prima volta che ho sentito parlare di Navigator (non era ancora sul mercato e si chiamava Alligator) gli ho ascritto un ruolo eccessivamente di nicchia e solo con l’esperienza maturata nei primi test in campo, condotti con Università ed Istituti di Ricerca e grazie al numero di richieste incredibilmente alto pervenute anche dal settore dei “service provider”, mi sono convinto che la nicchia non fosse affatto tale e si trattasse invece di un mercato scoperto da soluzioni alternative.
Il tasso di produttività di un LiDAR che può essere portato in volo da un drone di medie dimensioni, in grado di imbarcare un payload di 3,7Kg., è molto elevato. La soluzione consente di operare su sponde ed acque basse, non navigabili dai battelli con equipaggiamenti batimetrici, ed è molto meno costosa di quella offerta dai sistemi LiDAR trasportati da elicotteri ed aerei ultraleggeri, non ultimo è in grado di acquisire dati molto più dettagliati ed accurati.
Naturalmente anche il processamento del complesso dato fornito da una “fullwave” con ritorni fino a 10 echi, è affidato al software proprietario YellowScan CloudStation, in grado di effettuare la detection e la classificazione dell’acqua.
Tanto mi andava di raccontare oggi, legando la più che mai appropriata definizione di “Blu Ocean Strategy” all’invenzione e al lancio di un prodotto unico, progettato per misurare sott’acqua e destinato ad un mercato che fino a ieri non c’era. Ma é stata anche l’unità lessicale di “Blu Ocean Strategy” e “Navigator” ad ispirarmi questo racconto.
AM